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Capuana Luigi



Capuana Luigi - Scrittore di romanzi, novelle, fiabe e teatro, critico (Mineo [Catania] 1839 Catania 1915). E considerato il propagatore in Italia di quelle idee estetiche che, affermatesi in Francia intorno al 1870, da noi furono riassunte nella parola
« verismo ».
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Luigi Capuana

In effetti, degli scrittori d'oltralpe egli calcò le orme nella stesura del suo primo romanzo, Giacinta (1879), e poi di quelli che seguirono;  Profumo    (1890),    La   sfinge (1897), Il marcbese di Roccaverdina (1901), Rassegnazione (1906), oltre che di un gran numero di novelle raccolte, le più significative, nei volumi Le appassionate (1893), Le paesane (1894), Le «nuove» paesane (1898), Dalla terra natale (1915): opere tutte lodevoli per sobrieta e finitezza, ma piu o meno difettose quanto a lirica coesione.

Anche quella che e ritenuta la sua prova migliore, II marchese di Roccaverdina, non riscuote incondizionato plauso: a stento si salva qualche personaggio di secondo o terzo ordine. Di peculiare il Capuana ebbe il fiuto delle cose strane e singolari, che sono in fondo (cosi direbbe il dottor Follini, di Giacinta) « un capriccio di fantasia artistica ».

E di capricci sono intessute sia le piu semplici che le piu complesse trame capuaniane: si pensi a Giacinta che, invece del giovane che la ama (da lei riamato), sposa un vecchio scimunito, per poter fare poi, di quello, il suo amante; o al marchese di Roccaverdina, che impone alla sua serva di unirsi legalmente con un contadino alla condizione che essa sia moglie di questo solo sulla carta ma rimanga, di fatto, sua esclusiva e gelosa proprietà.

Di capricci (a volte situazioni paradossali, come quella che offrì lo spunto a Pirandello per la piu celebre delle sue commedie) che colpiscono la nostra irnmaginazione e che, appunto per questo, rassomigliano molto alle piante fatate del mago Barbalunga (nel racconto Re Bracaleone), rigogliose e stupende, ma che nessuno apprezza « perche non nate nè cresciute secondo le leggi vegetative delta natura ».

Fuori di siffatta selva, quel che di solito metteva in moto l'inventiva del Capuana era il caratteristico osservato e studiato nel suo paesello nativo, dove egli trascorse, con viva partecipazione alle consuetudini locali, gli anni dell'adolescenza e della prima giovinezza, e dove da adulto di quando in quando ritornava (dal 70 al 75 fu a capo di quell'amministrazione comunale) da Firenze, da Milano, da Roma, come per ritrovarsi nello elemento che solo era suo: una mescolanza di primitivo e di ingenuo, di superstizioso e di pettegolo, di psicologicamente contorto, cavilloso,cafonesco.

Dunque produzione paesana, quella del menenino, sia pure di alto livello letterario; comprendendo in tale giudizio anche le commedie in lingua e in dialetto, e le fiabe, e perfino le parodie e le beffe, nelle quali il Capuana fu maestro. Ma prima. che alla prosa d'arte, il Capuana si era dedicato alla prosa disceveratrice dell'arte, Pubblicò infatti, nel 1872, l'opera in due volumi Teatro italiano contemporaneo; e sempre poi affiancò, a quella di narratore e commediografo e favolista, l'attivita di critico letterario, alla quale era incline per naturale disposizione e nella quale era destinato a lasciare una traccia piu durevole.

Sono del 1880 e del 1882, rispettivamente, la I e la II serie di Studi sulla letteratura contemporanea, del 1885 Per l'arte, del 1892 Libri e teatro, del 1898 Gli «ismi» contemporanei, del 1899 Cronache letterarie. I titoli indicano chiara-mente le opere a cui di preferenza si rivolgeva l'attenzione del Capuana.

Desta pero sorpresa il fatto che il Capuana, il quale in pratica seguiva ora lo sperimentalismo, ora lo psicologismo ora l'idealismo e roba del genere, in teoria aborriva tutti gli « ismi » (stupide etichette, diceva, « che hanno poco o niente a che vedere con l'arte »); e, pur sognando di scrivere un giorno un racconto che potesse sopravvivergli almeno mezzo secolo, non si avvedeva di legare il suo nome, per un periodo di tempo certamente più lungo, alle sue geniali intuizioni critiche.

Due i presupposti del felice risultato: un genuino e profondo sentimento dell'arte, reso sempre piu liberale dalla quotidiana discriminazione delle opere letterarie, e un'ossatura concettuale ch'era in antitesi con i vari «ismi » allora di moda. Soprattutto il Capuana lamentava che gli artisti moderni non tenessero in pregio la fantasia, cioe la facoltà da cui si origina il tono, e altresl l'orditura, di ogni composizione poetica.

Le creature dell'arte, ripeteva, « devono uscir fuori dalla fantasia con la stessa varietà, con la stessa prodigalità della natura, ma superior! a quelle della natura perchè non soggette alia schiavitù delle contingenze e alla fatalità della morte ». Di qui il principio, pienamente condiviso dal Verga, dell'impersonalità dell'opera d'arte; impersonalita della quale a torto si contesta ancora la fondatezza ma che, nel significato in cui la intese il Capuana, si identifica con l'unica ed effettiva personalità dell'opera d'arte, con la sua singolarita, la sua indipendenza, la sua armonia.

Di qui il criterio in cui e compendiato il compito, che pel Capuana era una missione, del critico: rifare in se il processo nel quale l'organismo poetico s'e venuto formando. II che non vuol dire che il Capuana stesse per la formula dell'arte per l'arte, nè che risolvesse senza affrontarlo il problema del preteso rapporto fra arte e morale.

L'arte fiorisce sul piano di una « superiore Natura » e, in quanto crea una nuova realtà, produce inevitabili effetti etici. Fu amicissimo e quasi coetaneo di Giovanni Verga (1840-1922), del quale segui con amorosa trepidanza il lento e faticoso progresso nella strada, che si era aperta, della creazione artistica, segnalando subito, e per primo, in un famoso articolo pubblicato il 29 maggio 1881 nel « Fanfulla della Domenica », 1'originalità dei Malavoglia, che pose senz'altro sullo stesso piano del capolavoro manzoniano.

Dovette trascorrere oltre un ventennio prima che la critica, ufficiale e non, riconoscesse esatto quel giudizio, che rimane espressione dell'incrollabile fede del Capuana nel trionfo delle autentiche opere d'arte e punto di riferimento da non obliare, in ogni serio studio di oggi e di domani.

Ed e notevole che il Capuana avesse accolto in sé,fino a farne sangue e nervi suoi, le illuminanti intuizioni del De Sanctis, in un 'epoca (quella del
« naturalismo », operoso e fecondo in altre discipline ma sordo e ottuso nel dominio dell'arte) che non fu in grado di intendere il messaggio contenuto nei Saggi critici e le rendesse praticamente efficaci con la discrezione di chi, mentre enuncia delle solari verità, non per questo grida di avere scoperto la polvere, ben sapendo che le cose più semplici, più ovvie, sovente sono le più difficili a essere capite.

« I veri artisti —così lasciò scritto in un frammento rinvenuto di recente fra le sue carte inedite—non hanno avuto cuore, nel senso più comune della parola>>. Che è un modo affatto nuovo di dare dell’arte, classicamente atteggiata, una concezione prettamente aristocratica e di considerare la poesia il prodotto meno proletario della società
Enc. di Ct Tringale Editore 1987